IL VIAGGIO
  1. On the road
  2. La mappa del viaggio
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Nono Giorno - 24 Settembre 2013
Olancha - Death Valley - Las Vegas


"L'unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi." (Marcel Proust)


Sorprendentemente, nonostante il piccolo letto condiviso, siamo riusciti a dormire abbastanza bene anche se la sveglia è stata quasi una liberazione. Alzati abbastanza presto ci siamo lavati in compagnia dei piccoli ospiti del bagno e abbiamo lasciato il motel più intrigante di tutto il viaggio, almeno fino ad ora. Prima di dirigerci sulla statale 190 che ci avrebbe portato nella Death Valley andiamo nuovamente a fare visita al minimarket dell'unico distributore che c'è ad Olancha per fare colazione e ci concediamo un muffin ed un bel caffè. La strada per la Death Valley è piuttosto lunga, ma attraversa montagne e deserto e offre paesaggi molto diversi dai nostri che affascinano e non annoiano per niente. La prima fermata la facciamo vicino ad un alberello strano (vegetazione caratteristica del luogo) che è raggiungibile a piedi e con il quale facciamo alcune foto. Una signora che si è fermata poco dopo di noi ci informa che quello è un Joshua Tree e che dobbiamo ammirarlo per bene perché da lì in avanti non ne troveremo più; affermazione che sarebbe stata smentita da lì in avanti, quando per giorni e giorni avremmo trovato foreste di Joshua Tree. Qualche decina di chilometri più avanti incontriamo il cartello che segna l'inizio del parco nazionale della Death Valley e ci fermiamo per fare le foto. Mentre siamo lì, nel mezzo al deserto del nevada, improvvisamente due caccia F-18 sfrecciano sopra le nostre teste e la cosa ci galvanizza e ci eccita perché ci dà l'impressione di essere proprio nel set di un film. Calati gli entusiasmi risaliamo in macchina e ripartiamo verso la vera e propria valle della morte, una zona arida e depressa, dove la temperatura può tranquillamente superare i 50 gradi. Dopo aver attraversato più di una valle deserta, iniziamo a scendere di altitudine (ad Olancha eravamo a 1400 metri, durante il tragitto abbiamo superato i 2000) e iniziamo a sentire la temperatura che aumenta. Facciamo la prima fermata per andare a fare una passeggiata sulle dune della zona sabbiosa, dove un cartello con tanti punti esclamativi ci avverte che il caldo può uccidere (è successo spesso lì) e ci fornisce un sacco di raccomandazioni e indicazioni per non trovarci in difficoltà (come portarsi molta acqua). Il sole batte forte ma, memori delle conseguenze della passeggiata sul Golden Gate, ci siamo muniti di crema solare protettiva e ne facciamo consistente uso. Le dune esercitano un fascino particolare su di noi e la passeggiata ci ispira, tanto che, come sempre, scattiamo una grande quantità di foto. Nonostante il bellissimo spettacolo che offre il deserto sabbioso siamo costretti a ripartire velocemente, sia per il caldo che per i tempi stretti che abbiamo. In effetti il caldo non è molto fastidioso perché il clima è secco; tuttavia si percepisce sulla pelle l'effetto della disidratazione che quel clima provoca e si capisce che senza precauzioni non si può resistere a lungo. Ripartiamo dunque verso "Furnace Creek" e ci fermiamo a fare le foto sotto il cartello che ci indica che in quel punto siamo sotto il livello del mare; decidiamo poi di fare una deviazione dal percorso che dalla Death Valley ci avrebbe portato a Las Vegas, per percorrere la "Artist Drive", una strada di qualche km che gira intorno ad una formazione rocciosa. Presto capiamo anche il perché del nome: le montagne di roccia che costeggiamo hanno una varissima quantità di colori tutti mescolati tra di loro e sembrano la tavolozza di un pittore. Ci fermiamo alla piazzola di sosta chiamata "Artist Palette" dove, di nuovo, assistiamo ad uno degli ormai tanti spettacoli della natura; la montagna davanti a noi varia dal grigio al rosso, dal giallo al celeste ed è separata da noi dal piccolo canyon ripido di un fiume in secca che ha scolpito la roccia. Non possiamo, ovviamente, evitare di passare un buon quarto d'ora a fare le foto al paesaggio, anche perché abbiamo avuto la fortuna di essere completamente soli senza nessun altro turista che interferisce. Da questi luoghi non è per niente facile ripartire perché esercitano un'attrazione potente, perché ciò che verrebbe naturale fare sarebbe restare per ore in contemplazione. Ma dobbiamo riprendere il viaggio verso Las Vegas e ci facciamo forza. La strada che ci avrebbe riportato sulla via maestra segue il margine nord del grande lago secco che costituisce l'immenso bassopiano della Death Valley; sulla nostra destra si notano gli effetti dell'erosione dell'acqua che ha creato nella roccia numerosi canyon, piccoli e grandi, che ci incuriosiscono. Come avevamo già notato all'andata, uno di questi canyon dal nome attraente è visitabile e noi decidiamo di dare un'occhiata. Lasciamo quindi la macchina nel piccolo parcheggio posto all'imbocco del Golden Canyon Trail e sotto il cocente sole di metà giornata ci addentriamo. Come abbiamo capito dal cartello informativo, il lungo sentiero percorre tutto l'interno del Golden Canyon e si arrampica fino al famoso Zabriskie Point. Da dentro il Canyon lo spettacolo è molto bello e verrebbe voglia di proseguire fino in cima. Purtroppo, dopo qualche centinaio di metri, ci accorgiamo che non avremmo avuto tempo a sufficienza e che, comunque, siamo scesi di macchina senza pensare ad attrezzarci a dovere: con quel caldo torrido e quel sole a picco, senza cappello, né acqua, né adeguate coperture, potevamo rischiare un colpo di calore in pochissimo tempo. Decidiamo quindi di fare alcune foto e di tornare sulla nostra strada per proseguire il viaggio. Rientrati sulla statale 190 passiamo accanto al "Death Valley Village" e ci ricordiamo dei nostri amici in viaggio di nozze che ci avevano detto che avrebbero alloggiato proprio lì. Lo stomaco invece ci ricorda che la mattina è quasi finita e che presto ci saremmo dovuti fermare a mangiare, non appena avessimo trovato un luogo adatto. Ma prima dovevamo fare un'altra sosta. Il punto di arrivo del Golden Canyon Trail è infatti raggiungibile anche in auto e si trova sulla statale 190 dopo alcuni chilometri. Parcheggiamo la macchina nel grande parcheggio e ci incamminiamo lungo il breve percorso che porta al famoso punto panoramico "Zabriskie Point" dal quale si gode di una vista assolutamente mozzafiato. Dal punto più alto si possono osservare le stupefacenti formazioni di roccia sedimentaria erosa che assumono un colore giallo intenso, da cui il nome "Golden Canyon" e creano un effetto scenico sorprendente: sembra di essere davanti a delle immense dune pietrificate. Il panorama che si apre tutto intorno a noi una volta arrivati in cima è indescrivibile e da l'impressione di essere su un altro pianeta. Ci fotografiamo e fotografiamo quello scenario, nella speranza di poter rendere l'idea ma scettici sulla reale possibilità di riuscirci e rimaniamo alcune decine di minuti in contemplazione. In quel momento, di fronte a tanta immensità, riusciamo di nuovo a stupirci di ciò che stavamo vivendo e a renderci conto del grande valore dell'impresa che stavamo compiendo. Ancora una volta dobbiamo fare forza su di noi per staccarci da quel luogo fantastico, ma questa volta siamo aiutati dalla fame che ormai si fa sentire seriamente; decidiamo quindi di fermarci nel primo centro abitato che sarà Pahrump e che incontriamo dopo quasi un'ora di viaggio. A Pahrump ci siamo fermati e lì è stato amore a prima vista. Durante i giorni passati avevamo sempre visto, ovunque, le insegne di "Denny's", una catena di ristoranti che fino a quel giorno avevamo però ignorato. Decidiamo questa volta di provare per capire cosa fosse e il risultato è stato assolutamente ottimo. Abbiamo mangiato una bella insalata ricca (con carne, uova, ecc...) e ci è piaciuto tutto, dal cibo all'ambiente, al servizio. Ripartiamo da Pahrump consapevoli di aver fatto una bella scoperta e ci dirigiamo verso Las Vegas, che poco più di un'ora dopo avvistiamo oltre le montagne. "Ci siamo, siamo a Las Vegas" ci siamo detti. In realtà nessuno di noi due era esageratamente eccitato dall'idea di andare a Las Vegas; è un luogo che certamente eravamo curiosi di vedere, ma non era il genere di luogo nel quale avremmo avuto intenzione di investire tanto tempo. In realtà l'idea era proprio quella di arrivare nel pomeriggio, cosa che è riuscita, prendere possesso della camera e andare in giro per la città, lungo la famosa strip, fino a tarda notte, tanto la mattina dopo avremmo anche avuto tempo di dormire un po' di più (pensavamo).
L'alloggio che avevamo prenotato ci è costato meno di 30 euro per una notte, quindi quando ci siamo trovati dentro la reception di lusso di un grande casinò a fare la fila per il check in di fronte ad un banco con una decina di receptionist siamo rimasti un po' spiazzati. Abbiamo comunque fatto presto ad ambientarci e, dopo mezz'ora di coda, siamo riusciti ad avere la nostra camera grande e lussuosa (per i nostri standard). Ci siamo concessi giusto un'ora di riposo prima di uscire di nuovo per andare a "vivere" la città; essendo il nostro hotel/casinò in corrispondenza di un estremo della famosa strip, la posizione era ideale per incamminarci a piedi in direzione del centro. Come ci aspettavamo Las Vegas è un grande parco giochi e l'atmosfera è quella di un mondo a parte dove tutto è finto. Abbiamo avuto modo di vedere i più famosi e grandi casinò della città e di osservare come si svolge la vita; in realtà è pieno di turisti di tutti i tipi, mentre i VIPs non si vedono per niente. Dopo aver percorso oltre metà della strip decidiamo che è ora di cena e ci fermiamo in un locale che serve birra congelata, dove ordiniamo un bel piatto di carne a delle cameriere quasi vestite. La serata prosegue in giro per la città, che ci soprende e sconvolge quando scopriamo che i negozi e la maggior parte dei locali chiudono a mezzanotte. Avevamo pianificato di comprare regali e souvenirs prima di rientrare ma non ci aspettavamo che i negozi chiudessero. Dopo un breve giro per i negozi rimasti aperti, un po' intristiti dalla situazione, decidiamo di rientrare e alle 3 di notte arriviamo di nuovo in albergo, pronti per andare a letto. Alla fine la visita a Las Vegas è stata piacevole e interessante, ma solo per il fatto che abbiamo visto un luogo che è veramente molto particolare e famoso in tutto il mondo.

Condivisione della giornata su facebook:
Nono giorno, che si conclude tardi (sono le 3.40 di notte) nella luminosa e caldissima Las Vegas, un enorme paese dei balocchi sul quale, a onor del vero, c'è da dire poco. Chi immaginava che a mezzanotte chiudesse tutto? Di oggi non so dire se sia più singolare aver visto sfrecciare due F-18 sopra le nostre teste nel luogo in cui Will Smith ha abbattuto la navicella aliena con lo stesso caccia, o aver sentito cantare "O sole mio" ad un gondoliere che remava a Las Vegas. La cosa certa però è che la visione dei maestosi, immensi e a tratti inquietanti paesaggi offerti dalla Death Valley è assolutamente impagabile, e ricompensa ampiamente la fatica fatta per arrivarci e per sopportare ben 45 gradi di temperatura. Adesso meritato riposo nel nostro hotel di Las Vegas che, enorme e affollato, ci è costato oltre mezz'ora di coda (stazione-style) per fare il check in e avere la camera...
Foto del giorno
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