IL VIAGGIO
  1. On the road
  2. La mappa del viaggio
  3. Preparazione

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Ventiquattresimo Giorno - 9 Ottobre 2013
Parigi - Casa


"Tutto il pathos e l'ironia di lasciarsi alle spalle la giovinezza è implicita in ogni momento gioioso del viaggio: si sa che la prima gioia non potrà mai essere recuperata, e il viaggiatore saggio impara a non ripetere i vecchi successi ma andrà sempre alla ricerca di nuovi luoghi." (Paul Fussell)


Il tranquillissimo volo, durato meno di 8 ore, ci ha portati a Parigi poco dopo le 11 di mattina e il nostro aereo per Pisa sarebbe partito alle 18.15, ben 7 ore dopo. Arrivati a Parigi ci siamo subito trasferiti nel terminal da dove sarebbe partito il volo per pisa che, purtroppo, è il terminal più triste, piccolo e vuoto dell'aeroporto Charles de Gaulle che è uno dei più grandi d'Europa. Le 7 ore, quindi, sono passate molto lentamente sulle sedie della sala d'aspetto sulle quali abbiamo fatto delle ripetute e sofferte dormite. Il pranzo, che per fuso orario sul quale noi eravamo calibrati corrispondeva a colazione, è consistito in un panino nell'unico posto dove si può mangiare in quel terminal e la visita agli altri "negozi" è durata meno di 15 minuti, visto che non c'è praticamente nulla di interessante.
Oramai eravamo stanchi calibrati sul ritorno a casa e quindi non vedevamo l'ora di arrivare per poterci riposare ed iniziare a ripensare all'impresa appena compiuta. Avevamo iniziato molti mesi prima esprimendo un sogno, quello di andare a fare il coast to coast negli Stati Uniti e avevamo poi preso la decisione azzardata di farlo. Abbiamo costruito ed organizzato il viaggio, abbiamo preparato tutto in quei 6 mesi che hanno separato l'acquisto del biglietto aereo dalla partenza e siamo partiti. Siamo arrivati in un paese di cui parliamo tutti i giorni, che sognavamo, ma che non conoscevamo; abbiamo preso un auto e in 23 giorni abbiamo percorso ben 8500 km di strada sanza l'ombra di un problema o di un intoppo. Abbiamo dormito in 16 luoghi diversi, tutti fantastici ed ognuno con la sua caratteristica. Siamo passati per 15 stati, visitando 9 grandi città e 10 bellissimi parchi Nazionali e Statali. Abbiamo avuto la fortuna di poter attraversare quei luoghi meravigliosi e tanto diversi tra loro con il favore del sole, che ci ha accompagnato praticamente sempre donandoci una lunga serie di bellissime giornate. La quantità di belle giornate, che è andata oltre ogni nostra aspettativa, ci ha consentito di assistere al meglio agli innumerevoli spettacoli della natura; tuttavia il tempo non ci ha risparmiato la sua varietà, donandoci di poter assistere a nebbia, neve, vento e pioggia e di poter provare tutto l'intervallo di temperature che va dai quasi 50 ai -5 gradi. Abbiamo iniziato con la città, poi abbiamo toccato l'oceano, le colline della California, la splendida baia di San Francisco, le montagne con gli oltre 2000 metri dello Yosemite National Park e la valle desertica ai piedi della Sierra Nevada. Abbiamo sperimentato il caldo secco della Valle della Morte e di Las Vegas, il vento caldo nella Valley of Fire che tentava di erodere le nostre gambe con la sabbia, come fa con le rocce e la neve fredda sulle montagne rocciose solo due giorni dopo. Abbiamo attraversato l'immenso altopiano delle Montagne Rocciose toccando dei luoghi meravigliosi che ci hanno lasciato, per giorni, senza parole: Zion, Bryce Canyon, i paesaggi dello Utah lungo la interstate 70, l'Arches National Park, la Monument Valley, lo sconfinato Gran Canyon. Tutti luoghi immensi che hanno suscitato in noi delle emozioni intense e senza precedenti, difficili da descrivere. Non siamo abituati a stupirci continuamente tutti i giorni e quando succede stanca, ma fa vivere delle esperienze uniche. Ci si sente piccoli di fronte a quei paesaggi che, inevitabilmente, pongono in uno stato di incredulità e profonda devozione. Ti trovi così a contemplare quella sconvolgente immensità in silenzio, perché ogni tentativo di esprimere qualcosa non produce niente, perché qualunque parola sminuirebbe le sensazioni travolgenti che dominano quei momenti. Una delle cose che probabilmente ci resterà più impresse è il silenzio che abbiamo manenuto entrambi quando davanti a noi si aprivano quelle visioni, silenzio rotto solamente da espressioni banali che sottolineavano ancor di più il fatto che ogni tentativo di dire qualcosa di sensato sarebbe stato totalmente inutile. Fortunatamente, nessuno di noi due doveva descrivere niente all'altro, vedevamo la stessa cosa e sapevamo cosa significava. Poi il deserto, le immense, affascinanti distese di deserto che abbiamo attraversato per chilometri e chilometri su strade diritte e che suscitano quella strana sensazione di essere soli, persi in mezzo al nulla ma contemporaneamente liberi. Anche il fascino del deserto, inteso come chilometri di nulla intervallati da improbabili oasi, è una cosa che più che descritta deve essere provata. Probabilmente Roswell era una tappa che poteva essere evitata visto che non c'è assolutamente nulla, ma in realtà ne è proprio valsa la pena perché è stata l'occasione per sperimentare il deserto e la vita nelle sue strane oasi. Santa Fe, culla della storia della conquista del West, ci ha offerto un mondo dove si può toccare con mano e rivivere quella storia affascinante che ci coinvolge già da piccoli grazie all'immancabile cinema western. Poi, l'est, con le sue città e la sua natura completamente diverse. Dopo Oklahoma City abbiamo avuto la fortuna di poter vivere qualche ora a Saint Louis, città molto stimolante che ci ha ricordato moltissimo i film polizieschi anni 70 e 80 e che rappresenta invece lo stile di vita dell'Est. Chicago, una città che va visitata, sulle rive del lago Michigan. E Washington, raggiunta attraversando le verdi praterie e le colline del Nord-Est che niente hanno a che vedere con il deserto di pochi giorni prima. Il centro del mondo, il Campidoglio e la Casa Bianca: non riuscivamo a credere di essere proprio lì, davanti a quell'edificio bianco che è presente nella metà dei film che abbiamo visto da quando siamo nati e che rappresenta uno dei punti di riferimento mondiali. In tutti questi luoghi siamo passati, per non parlare delle persone incontrate e del cibo. Dal signore che per primo ci ha abbordati la prima sera a Los Angeles, appena giunti negli Stati Uniti e ci ha raccontato parte della sua vita e che, chiedendoci incuriosito del nostro viaggio, ci ha dato un sacco di consigli, alla commessa del negozio di souvenir a Washington, 22 giorni dopo, che si è emozionata al racconto di ciò che avevamo compiuto dicendoci "bravi, avete visto più Stati Uniti di me", le occasioni di confronto sono state tante. La signora gentilissima che ci ha fatto il biglietto a Los Angeles; il signore incuriosito dalla maglietta di Massimo, che tra le sequoie lo ha fermato per chiedergli da dove venivamo e se è un SUB; l'operaio che fermava il traffico sulla strada di ritorno dal Sequoia National Park con il quale abbiamo intavolato una discussione sul tema del viaggio mentre attendevamo di passare dal cantiere; il receptionist pakistano del motel di Modesto che ci ha espresso la sua opinione sugli Stati Uniti mentre guardavamo le notizie sulla sparatoria di Chicago mangiando una delle "Cinnamon Rolls" offerte. Poi i due fiorentini in viaggio di nozze, Luca e Miriam, incontrati su un lago dello Yosemite e reincontrati qualche ora dopo a pranzo; la coppia di anziani signori che hanno condiviso con noi l'esperienza surreale della notte passata nello sperduto motel di Olancha e con i quali abbiamo scherzato riguardo al luogo in cui ci trovavamo; la gioiosa cameriera del Denny's di Flagstaff che ha messo sù uno spettacolo cogliendo l'occasione della mia maldestra mossa di rovesciare l'acqua addosso a Massimo. Ma non è finita. C'è ancora la giovanissima e carina receptionist del motel di Santa Fe che è andata nel pallone quando con il nostro modo di fare un po' esuberante e con il nostro tono sempre ilare le abbiamo chiesto nel dettaglio alcune semplici informazioni; o la fantastica signora nella lavanderia di Santa Fe che ha attaccato bottone, ci ha raccontato com'è diversa la sua vita nel Nuovo Messico rispetto a quella che aveva in California, proponendosi di fornirci una mappa della città e di raccomandandoci i luoghi da visitare. Sempre a Santa Fe, città molto accogliente, è stato singolare il signore che parlava al telefono ma non ha mancato di chiederci se avevamo bisogno di qualcosa mentre stavamo consultando sul marciapiede la cartina della città per capire dove andare a pranzo. Non poteva poi mancare l'incontro con il poliziotto texano che, mentre il collega preparava il Warning perché avevamo superato il limite di velocità, mi teneva fuori dalla macchina sul bordo della strada, chiedendomi che stavamo facendo e dove eravamo stati, probabilmente con un po' di invidia. E poi quel tuttofare del motel di Saint Louis, che sembrava uno di quei neri usciti da un film poliziesco tipo bad boys, che ci ha intrattenuto con i suoi discorsi seri intervallati da battute stravaganti mentre nella reception vedevamo le notizie sulla sparatoria a Washington; con lui abbiamo scherzato sul nostro futuro viaggio nei luoghi delle recenti sparatorie e su ciò che lui immaginava sarebbe stata la nostra notte in quella città, suggerendoci luoghi dove andare a vivere, per poi indicare Massimo e giungere alla conclusione: "tu vai a letto presto, ma lascia la chiave a lui che deve vivere avventure tutta la notte". Infine a Washington, dove oltre alla commessa del negozio di souvenir, siamo riusciti ad incuriosire anche la giovane cameriera del pub in cui siamo andati a consumare la nostra ultima cena USA e che ci ha espresso il desiderio di venire in Italia. Insomma, un viaggio fatto anche di tanti incontri. Anche di animali. L'orso spelacchiato del Sequoia seguito da quello più grosso ma più schivo, gli onnipresenti, pericolosi e grossi scoiattoli, i cervi impavidi che si mettevano sulla nostra strada, i maestosi condor che volteggiavano sopra e sotto di noi sulle sponde del Grand Canyon, i corvi che mangiavano di tutto e il mitico "Rattlesnake" serpente a sonagli che era ovunque nella nostra immaginazione ma che abbiamo visto solo in una teca al Big Texan. Ah, e il mare di locuste che abbiamo spiaccicato nel Nuovo Messico e tutti gli altri insetti che abbiamo incontrato un po' ovunque, compresi i piccoli compagni di stanza di Olancha. Poi il cibo, principale protagonista del nostro viaggio. Abbiamo mangiato nei più famosi fast food, McDonald's e Burger King e in quelli locali e a volte strani come "El Pollo Supremo" di quel quartiere sinistro di San Francisco; abbiamo provato il classico diner americano attraverso la piacevole conoscenza che abbiamo fatto con Denny's; abbiamo assaggiato specialità tipiche e famose come la carne del Big Texan di Amarillo e provato l'alta cucina con i piatti di granchio e pesce sul Pier 39 di San Francisco; non ci siamo fatti neanche mancare la spesa al supermercato e la cucina surgelata al microonde con i burritos di Roswell. Ovunque abbiamo mangiato bene e di gusto.
Queste e tante altre cose fanno parte dei ricordi del nostro viaggio che, con la giornata di oggi e l'attesa in questo aeroporto si era concluso. Finalmente arriva l'ora di prendere l'aereo e noi, stanchi ma felici, saliamo a bordo per l'ultima ora e mezzo di viaggio. Arriviamo a Pisa, al nostro punto di partenza, diversi da quando siamo partiti e consapevoli di aver fatto il viaggio più bello della nostra vita, almeno fino ad oggi. Torniamo a casa immensamente più ricchi e consapevoli di aver vissuto una magnifica avventura senza precedenti, che certamente rimarrà uno dei più bei ricordi della nostra vita.
All'aeroporto di Pisa parenti ed amici, che avevano vissuto il nostro viaggio con noi attraverso i nostri racconti pubblicati in diretta, erano ad aspettarci ed hanno rappresentato la chiusura ufficiale di questa storica impresa.

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Giorno 23 e quasi 24. Con tutta la roba che stavamo portando a casa, saremmo riusciti a restare entro i limiti di peso dei bagagli? Con le valigie fatte (ad arte) la sera prima ci siamo alzati di buon mattino per l'ultima tappa prima dell'aeroporto. Tempismo perfetto anche questa volta: non è da tutti i giorni avere l'occasione (evito "fortuna") di assistere ad una cerimonia di sepoltura di un alto ufficiale nel Cimitero Nazionale di Arlington, con tanto di bandiera, cavalli e banda.
Rassegnati ormai a concludere il viaggio abbiamo salutato la nostra cara Versa nell'ultimo tratto prima dell'aeroporto; pare però che non siamo stati proprio bravi bravi perché il tizio del noleggio ha scovato un invisibile coccio sulla macchina. Fortunato lui per la sua supervista, fortunati noi ad avere incluso la copertura totale contro i danni.
L'infarto che stava per arrivare quando, sulla bilancia, è comparso il numero 48.8, è stato scongiurato solo perché a qualcuno è venuto in mente appena in tempo che laggiù si ragiona con unità di misura astruse. Le valigie, infatti, rientravano fortunatamente tutte nel peso limite espresso, ovviamente, in libbre. Dopo un po' di conversioni e ricerche ci siamo potuti mettere l'anima in pace: anche quel problema era risolto.
Per il resto, tranne le 8 ore di attesa nel terminal più scrauso dell'aeroporto di Parigi, il viaggo ci ha portato sani, salvi, sereni e tranquilli a casa. Dopo la pastasciutta alla carbonara, che ci stava una meraviglia, è ora di andare a letto e recuperare il riposo mancato e il jet lag.
Che dire. Grazie a chi ci ha seguito da lontano e ci ha fatto compagnia in questo singolare viaggio. I racconti non mancheranno...