IL VIAGGIO
  1. On the road
  2. La mappa del viaggio
  3. Preparazione

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Ventiduesimo Giorno - 7 Ottobre 2013
Washington DC


"Il viaggiare è fatale ai pregiudizi, ai bigottismi e alle menti ristrette." (Mark Twain)


Guardandoci indietro possiamo sicuramente dire di essere stati molto fortunati, perché il meteo è stato dalla nostra parte per tutto il viaggio permettendoci di ammirare ed apprezzare tutte le meraviglie dei luoghi che abbamo visitato. Oggi, invece, la situazione è cambiata ed il tempo non è più molto favorevole, anche se non ci possiamo affatto lamentare. Visto che, nonostante il cielo molto grigio e minaccioso, ancora non ha iniziato a piovere, poco dopo le 9.30 di mattina usciamo dall'hotel per dirigerci verso il centro di Washington e cominciare il giro della città. A cinque minuti a piedi dal campus c'è una fermata della metropolitana, ma noi abbiamo voglia di camminare e decidiamo di fare a piedi i 2 km che ci separano dalla Union Station. Prima di raggiungere l'uscita passeggiamo all'interno del campusn notando di nuovo, anche in piena mattina, il silenzio assoluto e la pace che dominano in quel luogo ordinato e curatissimo. Camminiamo lungo le strade della periferia nord-est di Washington dove costeggiamo un intero quartiere di case colorate in stile vittoriano e osserviamo la silenziosa e tranquilla vita del luogo. Giunti alla Union Station, prima di dirigerci verso il vicino Campidoglio, entriamo per vedere cosa c'è dentro. La stazione si articola su ben tre piani. Al piano terra l'enorme atrio, che si sviluppa in tutta l'altezza della costruzione, costituisce una grande sala d'attesa con negozi e banchetti di souvenirs; dall'atrio si accede ad una gioielleria di lusso oppure alla zona dei negozi nella quale al piano terra ed al primo piano si trovano botteghe di tutti i tipi, mentre il piano interrato è dedicato completamente al cibo, con ristoranti e fast food di ogni genere. Decidiamo di non perdere troppo tempo adesso, anche perché avremmo avuto da girare a piedi e non era il caso di comprare roba. Prima di partire, però, ci fermiamo a colazione in un diner che ci offre una delle solite, ricchissime, colazioni americane. Poco prima delle 10 usciamo dalla stazione e ci dirigiamo verso il Campidoglio, la sede del Senato degli Stati Uniti. Purtroppo la fortuna finisce presto e durante i 10 minuti di cammino che separano la stazione dal Campidoglio inizia a piovere seriamente. Non abbiamo l'ombrello, quindi cerchiamo di proseguire riparandoci quà e là sotto rifugi improvvisati come le enormi querce del "Lower Senate Park" che ci consentono, un po' alla volta di arrivare all'ingresso del Campidoglio in un momento di tregua. La cosa che subito salta all'occhio è l'organizzatissimo e imponente impianto di sicurezza di cui, ne siamo consapevoli, vediamo solo una piccola parte, la famosa punta dell'iceberg. Una schiera di poliziotti e guardie presidia tutta l'area, alcuni fuori sotto la pioggia come noi, altri all'interno di cabine corazzate. Per la prima volta vediamo gli spuntoni di acciaio retraibili che escono dalla strada e servono a tranciare gli pneumatici delle auto che cercano di forzare l'ingresso, alternati a blocchi di cemento impenetrabile. Entriamo con un po' di timore e riusciamo a raggiungere la piazza di fronte al palazzo del Senato prima che la pioggia ricominciasse a battere. Purtroppo però, dopo qualche foto, di nuovo inizia il diluvio che ci costringe a rifugiarci sotto l'unico riparo costituito dallo stipite della porta dell'ascensore che fa da alternativa alla scalinata di pietra bianca che scende nel grande parco del Campidoglio. Visto il nostro "sospetto" stazionamento in quel punto, un poliziotto si avvicina a noi, sicuramente per capire cosa stessimo facendo. Capito che ci stavamo solo riparando cerca un modo civile di cacciarci dicendo "Pioverà minimo per altre 3 ore", come dire: "Non è che potete stare qui finché non smette di piovere". Chiaramente non ci siamo scomposti più di tanto e dopo aver intavolato una chiacchierata con il poliziotto sulla nostra provenienza, il viaggio e un po' di altre cose, capiamo che è il caso di defilarci perché siamo in un posto dove non sono molto tolleranti. Purtroppo la nostra visita al Campidoglio finisce qui e decidiamo di rifugiarci di nuovo dentro la Union Station, unico luogo sicuro che poteva metterci al riparo dalla bufera che si stava avvicinando. Durante il percorso verso la stazione, infatti, una sinfonia di tuoni accompagna l'arrivo di minacciose nuvole nere precedute da un vento improvviso e ci fa capire che abbiamo i minuti contati. Gli ultimi 50 metri di tragitto sono stati inevitabilmente segnati dal temporale che ci ha fatto entrare all'interno della stazione fradici e gocciolanti, consapevoli che avremmo avuto da aspettare del tempo. Erano le 11.45 e saremmo usciti dalla stazione dopo più di 3 ore e mezzo, passate nell'indecisione sul da farsi, se aspettare oppure prendere la metro per tornare in hotel, bagnandoci nel breve tratto a piedi. Ovviamente abbiamo optato per rimanere e fare il giro completo dei negozi, comprando anche un discreto numero di souvenirs e regali. Le restanti due ore di attesa le abbiamo trascorse seduti su una panchina nell'atrio della stazione, in contatto con il resto del mondo grazie ad una rete wifi gratuita fornita da uno dei negozi. Intorno a noi si svolgeva la vita del luogo e quelle due ore sono state occasione per osservare le persone vivere la loro quotidianità: commessi dei negozi che cambiavano il turno e si scambiavano battute, persone in giacca e cravatta che uscivano dai loro uffici per andare a pranzo in uno dei fast food della stazione, le signore delle pulizie che giravano di continuo per tenere pulita la stazione, il vagabondo che risiede nella stazione e passa da una panca all'altra (come noi, in effetti). Poco dopo le 15 riusciamo a lasciare quel microcosmo sfruttando un momento di tregua delle pioggie e a tornare a piedi verso il nostro hotel, osservando di nuovo le particolari case a schiera della periferia che, tutte colorate e con dei giardinetti curati o trasandati, attiravano la nostra attenzione.
Riposandoci un paio d'ore dalla passeggiata bagnata della mattina ci siamo messi a pianificare il resto del pomeriggio, perché è vero che il tempo era brutto e c'era lo shutdown del governo, ma non potevamo essere a Washington e non vedere la Casa Bianca. Visto che il temporale sembrava ormai passato e che il meteo sembrava promettere lievi miglioramenti, prendiamo la macchina e, navigatore alla mano, ci dirigiamo verso il famoso indirizzo di Pennsylvania Avenue per trovare parcheggio a 500 metri dalla Casa Bianca dopo diversi giri a vuoto. Sorprendentemente, parcheggiare a pochi isolati dalla residenza del Presidente degli Stati Uniti costa pochi spiccioli, addirittura meno di quanto costa parcheggiare nel centro di Pisa. Giriamo intorno alla Casa Bianca fotografando quello che riuscivamo a vedere dall'esterno del recinto, dove alcune macchine della polizia risiedono in pianta stabile; anche qui si ha la sensazione che quello che si vede è solo una minima parte del sistema di sicurezza che protegge quel luogo e che siano bravi a nascondere il resto. Per nostra sfortuna abbiamo trovato il famoso monumento a Washington fatto ad obelisco in restauro, completamente ricoperto dall'impalcatura del cantiere; abbiamo quindi evitato di perdere tempo a raggiungerlo e la nostra visita si è limitata solo al giro completo del perimetro della Casa Bianca che, comunque, ci ha impegnato per oltre un'ora. Con il sole quasi al tramonto, visto che avevamo fatto male i calcoli, torniamo alla macchina a rinnovare il parcheggio che stava scadendo, per poi riavvicinarci alla Casa Bianca ed entrare in un negozio di souvenir tutti molto patriottici. Siamo nella capitale degli Stati Uniti e non possiamo non portarci a casa dei souvenir "presidenziali" raffiguranti i famosi loghi del potere: presidente, Studio Ovale, Casa Bianca e simili. Il giro del negozio dura un po' di tempo, tra l'indecisione sugli acquisti e la prova delle taglie delle varie t-shirt e giacche, interrotte solo per uscire a fotografare l'effetto scenico del tramonto rosso tra le nubi sopra il ministero del tesoro. Poiché avevamo da regalare alcune maglie chiediamo consiglio alla commessa del negozio, che coglie l'occasione come spunto per iniziare una lunga conversazione con noi. Le raccontiamo chi siamo, da dove veniamo e il viaggio che abbiamo fatto e che stiamo per concludere suscitando in lei particolare curiosità ed ammirazione. Dopo essersi fatta raccontare molte delle nostre imprese appena passate ci lascia una frase che rimarrà impressa e sarà un simbolo importante del significato di ciò che abbiamo realizzato: "Avete visto più Stati Uniti di me". Frase semplice ma ad effetto e probabilmente vera per molte delle persone che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio. Usciti dal negozio quando ormai il sole era scomparso sotto l'orizzonte, ci incamminiamo verso la macchina con l'intento di fermarci a cena in uno dei locali sulla strada: l'ultima cena negli Stati Uniti andava fatta come si deve in un locale che fosse tipico. Ci fermiamo in un Pub dal nome "The laughing man" dove ordiniamo ad una giovanissima cameriera con un meno giovane apprendista al seguito due piatti di carne, uno dei quali poi sarebbe stato sostituito perché avevano una sola bistecca. Sembrava che non fossero organizzati per preparare la cena e c'era poca gente e la cosa sembrava sospetta; abbiamo capito poi che eravamo vicini all'orario di chiusura. Nelle città degli Stati Uniti che abbiamo visitato, infatti, tutti i locali che da noi chiameremmo "notturni" ed i ristoranti chiudono tra le 20 e le 23, orari impensabili per noi italiani abituati a lunghe cene e serate. Anche con la cameriera intraprendiamo una conversazione sulla nostra provenienza, sul nostro viaggio e sul suo desiderio di visitare l'Italia attirando su di noi le simpatie di tutto il personale. Paghiamo, lasciamo i nostri recapiti e finalmente ci dirigiamo verso la nostra Nissan Versa che avremmo salutato il giorno dopo.
La serata è stata poi dedicata allo smistamento, iniziato già nel pomeriggio, dell'enorme quantità di roba che abbiamo comprato in queste tre settimane; dovevamo comporre i bagagli da caricare sull'aereo che non dovevano pesare più di 23 kg. Il peso in più rispetto alla partenza era costituito da oltre 20 magliette, un paio di felpe, un giubbotto, alcune tazze, una maschera dei morti di Santa Fe fatta di ceramica, una freccia indiana incorniciata, alcune targhe di metallo, un po' di accessori da neonato dedicati ad Alcatraz, molti portachiavi, un'infinità di magneti souvenir provenienti da ogni luogo, una serie di acchiappasogni originali Navajo e tanti altri oggetti, tutte cose prese come ricordo o per fare dei regali. In ogni luogo che abbiamo visitato ci siamo preoccupati di cercare il relativo magnete da frigo e, possibilmente, anche la maglietta ricordo, sia per noi, sia per le persone alle quali avevamo pensato di portare qualcosa. Possiamo dire che uno degli impegni più gravosi di tutto il viaggio, che però siamo riusciti ad onorare perfettamente, è stato quello di riuscire a completare la lista dei regali da portare, pensando alla cosa giusta per ciascuno dei destinatari. Terminata l'organizzazione dei bagagli cominciava ad essere ora di andare a letto, per passare la nostra ultima notte negli Stati Uniti. Ma prima era necessario aggiornare, come ormai di consueto, tutti i nostri "followers" che da casa hanno seguito tutto il nostro viaggio attraverso il nostro quotidiano (serale per noi, mattutino per loro) racconto della giornata su Facebook corredato di foto. Dopo aver messo in ordine i conti della giornata e trascritto gli scontrini e dopo aver pubblicato le nostre imprese di quella giornata, anch'io ho raggiunto Massimo che già da tempo si era abbandonato al richiamo di Morfeo. Domani è il giorno della partenza e una serie di cose da fare ci aspettano, compresa l'ultimo giro turistico di questo stupendo viaggio.

Condivisione della giornata su facebook:
Ventiduesimo giorno. Per la prima volta in questo viaggio la pioggia ha cercato di interferire con le nostre attività, ma la fortuna ha giocato a nostro favore. Usando la Union Station come rifugio e con un tempismo perfetto, siamo riusciti a visitare Washington e a passeggiare per le sue strade evitando di rimanere sotto il diluvio che si è abbattuto sulla città per ore. Domani altro giro per la città e poi trasferimento in aeroporto per la partenza in tarda serata. Ulitma notte negli Stati Uniti quindi: il viaggio si sta per concludere. "Avete visto più Stati Uniti di me", ha detto oggi la commessa di un negozio. Con il racconto di questa impresa infatti, oggi e nei giorni passati, siamo riusciti a suscitare invidia perfino in alcuni abitanti dei luoghi da cui siamo passati. Partiti da Los Angeles 22 giorni fà abbiamo attraversato 15 stati, dormito in 16 luoghi diversi e visitato 9 città e 10 parchi tra nazionali e locali. Abbiamo percorso oltre 8000 km attraverso coste, boschi, deserto, montagne e pianure, per scoprire, da una costa all'altra, un paese ricco di contraddizioni e di differenze e un territorio pieno di meraviglie della natura.
Ultima notte questa e ultimo giorno domani. Se tutto va bene, dopo 16 ore di viaggio, domani sera saremo a casa... con tante cose da raccontare.
Foto del giorno
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