Ventunesimo Giorno - 6 Ottobre 2013
Chicago - Washington DC
"La vera casa dell'uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi." (Bruce Chatwin)
Come previsto piove, e anche bene. Alzati più presto del solito facciamo colazione con i donuts avanzati dalla mattina precedente e perdiamo un po' di tempo nel check out
e nel ritiro della macchina al parcheggio, ma alle 9 precise riusciamo a metterci in cammino per raggiungere la meta finale del nostro viaggio. Ci aspettano 1100 km di strada per
un totale di almeno 11 ore di viaggio, se tutto va bene. Sulla giornata di oggi c'è poco da dire, perché alla fine non abbiamo fatto altro che viaggiare, attraversando ben 4 stati
oltre a quello di partenza e quello di arrivo. Siamo partiti da Chicago sotto la piogga, che per tutta la mattina ci ha fatto compagnia e a volte anche preoccupare; l'intensità
del temporale in certi momenti, infatti, ci ha fatto temere che non saremmo mai riusciti ad arrivare a Washington prima della mezzanotte, anche se alla fine non sarebbe stato
un grosso problema perché l'hotel che ci aspettava a destinazione non ha orari limite per il check-in. La sera in cui eravamo a Monticello, nello Utah, dopo aver sperimentato per la
seconda volta cosa significa avere un letto "queen size" per due persone e visto che lo avremmo avuto anche a Washington, abbiamo deciso di cambiare alloggio rispetto a quello che
avevamo già prenotato. Quella sera, quindi, abbiamo trovato ad un prezzo leggermente superiore un hotel che offriva una camera migliore e che è ubicato all'interno del campus della
Gallaudet University di Washington ed abbiamo deciso di prenotarlo. Col senno di poi, è stata una scelta molto intelligente, perché le ultime due notti del viaggio, specie dopo
aver guidato tutti quei chilometri, effettivamente richiedono di avere qualche confort in più, in particolare la possibilità di arrivare tardi e la tranquillità di avere un posto
che non crea alcun problema. Alla fine, quindi, la preoccupazione era solamente legata al fatto che sarebbe stato un viaggio devastante. Fortunatamente, però, una volta lasciato
l'Indiana in favore dell'Ohio, il tempo ha deciso di migliorare, lasciandoci addirittura intravedere il sole. Fortunatamente, perché il paesaggio intorno a noi era completamente
cambiato rispetto a quello dei giorni precedenti. Le montagne, gli altopiani rocciosi e il deserto arido a cui ci eravamo abituati hanno definitivamente lasciato spazio ad un
territorio pianeggiante e a tratti collinare ricoperto di prati verdi e rigogliosi e di fitte aree boschive. Il clima è cambiato e il caldo secco che abbiamo sperimentato nei giorni
passati è solo un ricordo, reso lontano dalle temperature miti dell'aria umida in cui siamo immersi. Gli insediamenti umani si fanno molto più fitti, a testimonianza della maggior
fertilità della terra e in campagna, anziché i ranch, si incontrano fattorie fatte di case dipinte di rosso con i tetti ripidi e marroni. Siamo nell'Est, la parte degli Stati Uniti
che è stata colonizzata per prima dagli europei e nella quale è stato forgiato il classico stile coloniale europeo. Man mano che ci avviciniamo alla destinazione il sole si fa sempre
più presente e ci offre la possibilità di osservare il paesaggio, con un po' di nostalgia per i territori affascinanti e sconfinati che solo due settimane prima stavamo iniziando ad
esplorare. Tranne un pranzo da un Burger King sulla strada, qualche sosta tecnica ed una cena consumata rapidamente in un fast food lungo la strada, la giornata che abbiamo vissuto
è trascorsa totalmente all'interno della nostra ormai amica Versa. Come in ogni giornata, però, non sono mancati gli stimoli. Abbiamo scoperto il modo di guidare più indisciplinato
della gente dell'Est e le differenze che ci sono tra i linguaggi più o meno formali dei segnali stradali dei diversi stati. Abbiamo sperimentato il cercapersone per fast-food, che
consiste in un ricevitore che viene consegnato al banco al momento dell'ordine e che si mette a suonare e vibrare quando la roba è pronta per avvertirti di andarla a ritirare:
"proprio americani" ci siamo detti. Attraversati prati, boschi, pianure, laghi e colline, dopo oltre 14 ore dalla partenza e con un'ora di fuso orario in più, intorno a mezzanotte,
arriviamo finalmente a Washington, dove il nostro fidatissimo navigatore ci ha portato senza il minimo errore al campus dell'università. Ci aspettavamo un luogo tranquillo e
le aspettative non sono state tradite. All'ingresso del campus una guardia ci ferma e ci indica con estrema cortesia la direzione per l'hotel, come se stesse aspettando proprio
noi. All'interno il campus era deserto ma tutto estremamente curato e la pace regnava sovrana. Con estremo rispetto raggiungiamo l'ingresso dell'hotel, facciamo il check-in dal
professionalissimo receptionist, portiamo la macchina nel parcheggio ospiti e raggiungiamo la camera, che era assolutamente adatta alle nostre esigenze. L'ultimo hotel infatti
ci avrebbe visti affrontare la battaglia delle valigie, con la quale avremmo dovuto far entrare tutto nel peso previsto da Air France. Decisamente stanchi, ma molto soddisfatti
di essere riusciti nella folle impresa dei 1100 km in un giorno e contenti del luogo in cui ci troviamo, andiamo a letto. Anche per domani le previsioni non sono affatto buone,
ma noi speriamo nella clemenza del meteo per visitare la città di Washington.
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Ventunesimo giorno: la follia dei 1100 km è riuscita. Partendo da Chicago di prima mattina e attraversando 4 stati (Indiana, Ohio, Pennsylvania e Maryland),
siamo da poco arrivati (mezzanotte passata) al nostro hotel di Washington DC, dentro il campus dell'Università Gallaudet.
La giornata, con le sue 12 ore di guida, ci ha offerto un'ampia panoramica sulle regole della strada degli Stati Uniti Nord-Orientali. In particolare abbiamo constatato
con piacere che, se in Oklahoma il sistema dei pedaggi è alquanto sinistro (vedi qualche giorno fà), da queste parti sembra che abbiano capito come ottimizzarlo,
tranne ovviamente per alcuni dettagli come per esempio il fatto di rendere ben visibile e fastidiosa tramite serie di caselli consecutivi la linea immaginaria che separa due stati.
In ogni caso, siamo a Washington, tappa ultima del nostro viaggio che è iniziato 21 giorni fà a Los Angeles. Stanchi morti per le 700 miglia andiamo a letto
per prepararci alla visita della città sotto la pioggia prevista per domani...
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