Sedicesimo Giorno - 1 Ottobre 2013
Santa Fe - Roswell
"In ogni viaggio trovati una storia da imparare, poi quando torni la racconterai. Ogni tanto buttati a caso in un bar, siediti ad un tavolo in penombra ed ascolta
che cosa dicon le persone." (Max Pezzali)
Visto che il White Sands National Park di Alamogordo sarebbe stato chiuso, la giornata di oggi da avere dei ritmi serrati per poterci comprendere tutto è diventata tranquilla e
rilassante. Tra Santa Fe e Roswell ci sono meno di 200 miglia di strada, che comportano poco più di 3 ore di viaggio. Dopo più di due settimane negli Stati Uniti ormai il nostro
orologio biologico non ci costringe più a svegliarci alle 6 di mattina ma, anzi, se non fosse stato per i ritmi imposti dal viaggio avremmo dormito ad oltranza tutte le mattine. Ciò
non significa che non siamo felici di alzarci e iniziare la giornata come ci eravamo sempre detti anche prima di partire: in un viaggio del genere non si può perdere tempo a dormire.
Questa mattina a Santa Fe ci alziamo con la sveglia che è impostata alle 8.00 come ormai è regola tutte le mattine, ci sistemiamo, carichiamo i bagagli e ci avviamo in macchina
verso Starbuck's per concederci una tranquilla e calma colazione e contattare il mondo attraverso la wifi comodamente seduti al tavolino, con il caffè ed un muffin davanti. Questi
momenti non sono solo relax o perdite di tempo prezioso: stare seduti in un luogo pubblico e guardarsi intorno è un modo formidabile di stare dentro ad una cultura, ad
un mondo diverso dal nostro. Cercare di immergersi nella quotidianità, osservando la gente del luogo vivere anche le cose più semplici e banali come fare colazione è una cosa
interessante e spesso molto istruttiva. Vedere madre e figlio che in un giorno feriale vanno a parlare davanti ad un caffè prima di separarsi ed andare una al lavoro l'altra a scuola
invita a immaginarsi la loro vita. Un signore in giacca e cravatta che scende di macchina, prende rapidamente il bicchierone di caffè e poi riparte, invece, fa rabbrividire al pensiero
di come farà quella camicia a restare bianca, io non ci riuscirei, ma qui sono abituati. L'immagine di tre "businessmen" che si siedono intorno ad un tavolo prima di entrare al lavoro e ridono e scherzano
sempre con il bicchierone in mano fa ridimensionare l'idea di quel tipo di persone che diventano molto più "uomini". Due ragazzine che con lo zaino al seguito si trovano insieme
a prendere quel caffè più grosso di loro e si confrontano davanti al computer, fa intuire che forse lì la scuola è un po' diversa. Ogni giorno a colazione, pranzo, cena e in tutte le
altre occasioni, un aspetto della cultura e della società del luogo si è manifestato di fronte a noi, rendendo fecondo ogni momento della giornata, anche quello di svacco totale.
Dopo colazione partiamo verso Roswell, ma decidiamo di non percorrere la highway che sarebbe stata la strada più breve bensì la statale 14 il cui percorso è noto come "Turquoise
Trail National Scenic Byway" e che offre la possibilità di passare attraverso i paesi e di godersi i paesaggi naturali. Ovviamente la strada è più lenta e questo comporterà quasi
un'ora di viaggio in più; poco male anzi, meglio, così riusciamo ad allungare un po' i tempi. Il passaggio dal Turquoise Trail, che prende questo nome dalla miniera di turchese che
si trova sul tracciato, in realtà ha senso se uno decide di dedicargli tutto il giorno fermandosi in tutti gli storici paesini legati all'epoca delle miniere. Percorrere, come
abbiamo fatto noi, tutta la strada senza fermate non offre nulla di più che un'interessante visuale sul paesaggio montano del Nuovo Messico, fatto di rocce nude, di boschi radi
costituiti da piccole conifere e di praterie secche sulle quali si aprono, nel mezzo al nulla, dei cancelli solitari che indicano ciascuno l'entrata di un ranch. In ogni caso, tutto
sommato, attraversare quel paesaggio a 35 Mph è stato certamente più interessante di quanto sarebbe stato sfrecciare a 70 sulla highway. Dopo circa un'ora di viaggio ci immettiamo nella Interstate 40
fino all'incrocio con la statale 285 che ci avrebbe portati diretti a Roswell, dopo ben 157 miglia (250 km) di pieno deserto. Quando un europeo dice pieno deserto, probabilmente non
ha molto chiaro quello che sta intendendo; in europa non esistono centinaia di chilometri di niente, non esiste che un paese sia separato centinaia di chilometri da qualunque altro
insediamento umano. Negli Stati Uniti, dove tutto è sempre più grosso, anche le distanze sono enormi. Non siamo abituati a percorrere strade che costituiscono loro stesse per
chilometri e chilometri l'unico segno di presenza umana; se non fosse per la strada che stavamo percorrendo, potevamo benissimo pensare di essere su un altro pianeta. Tutto intorno
a noi solo distese di erbetta bassa e secca in un territorio la cui piattezza è interrotta ogni tanto da piccole colline che si avvistano all'orizzonte già decine di chilometri prima
grazie alla strada che, diritta, sparisce dietro. Guidare è molto facile, basta impostare il cruise control sul limite di velocità e tenere il volante diritto; la vera abilità
sta nel non addormentarsi per riuscire a sorpassare quei camion che di rado si incontrano sul percorso. Poi, se siamo fortunati, ogni tanto si incontra sulla strada, spesso in
corrispondenza delle congiunzioni con altre strade, qualche piccolo insediamento che consiste in un ufficio postale, una chiesa che professa una "nuova" fede come dicono le enormi
scritte e, non sempre, qualche casetta sparsa. In mezzo al deserto. In mezzo al nulla. "Cosa cavolo ci fanno qui?" ci siamo chiesti e mai risposti tante volte. Tuttavia, nonostante
la desolazione del deserto, quel paesaggio completamente vuoto esercita un fascino particolare e percorrere quella strada infonde un seducente senso di libertà.
"Cos'è quella roba in mezzo alla strada secondo te?". "Boh, però mi sembra che si muovano". "Ora mi fermo!". "Che schifo!". Locuste, erano migliaia e migliaia di locuste che
"sciamavano" a piedi, senza volare, attraversando la strada; ne stavamo schiacciando a decine, sperando che non decidessero di alzarsi in volo, altrimenti il parabrezza
sarebbe diventato un cimitero. Già, perché in quei luoghi c'è anche quel problema lì che però, per noi, è stato un simpatico e curioso intrattenimento. Dopo chilometri di locuste
e miglia di deserto finalmente scorgiamo i primi segni di civiltà un po' più avanzata: eravamo arrivati a Roswell. Erano ormai le 14 e cominciavamo ad avere seriamente fame.
Decidiamo che avremmo avvistato il nostro motel e poi saremmo andati direttamente a mangiare; caso ha voluto che sulla strada principale ci fosse proprio un burger king. Dopo aver
fatto un passaggio di fronte al motel per assicurarci di avere tutto sotto controllo ci fermiamo al fast food e scendiamo di macchina. E' il primo di Ottobre, ma siamo in mezzo al
deserto e si sente! Il tempo è splendido, non c'è una nuovola e il sole brilla in tutta la sua potenza di metà giornata. La temperatura è alta, ci sono ben 35 gradi, ma l'aria è
secca e anche se il caldo si sente, non dà molto fastidio. Sicuramente il clima è molto diverso da quello che abbiamo sperimentato nei giorni passati. Mangiamo il panino sotto
l'onnipresente aria condizionata del Burger King e ci dirigiamo a prendere possesso della camera di quel motel che assomiglia proprio a quelli che si vedono nei film. Che si fa ora?
Mentre ci riposiamo un attimo provando i letti di quella stanza, su internet troviamo che a quell'ora è già aperto il museo internazionale di ufologia, il più famoso del mondo. Siamo infatti
nel luogo ufologico per eccellenza noto in tutto il mondo grazie alla storia dell'incidente avvenuto nel 1947 dove una navicella aliena si sarebbe schiantata al suolo e i corpi
degli occupanti sarebbero stati recuperati insieme a pezzi di tecnologia extraterrestre. Ci dirigiamo al museo notando che alcuni dei lampioni della città sono fatti a testa di
alieno con tanto di occhi e bocca. Si capisce subito però che la fama che ha contraddistinto la città e il relativo mercato indotto sono in forte decadenza; numerosi negozi che sembrano
essere stati di souvenir legati al tema UFO sono chiusi e tutte le attività appaiono ormai abbandonate. Ma il museo ufologico è aperto. Entriamo e paghiamo pochi dollari per il
biglietto. Iniziamo mettendo la puntina sull'Italia nella mappa che chiede da dove veniamo, poi esploriamo il museo che consiste in uno stanzone pieno di pareti alle quali sono
appese copie di numerosi documenti pro e contro l'ipotesi dell'incidente alieno e della relativa azione di copertura e censura da parte delle autorità. Visitiamo il museo leggendo
tutti i documenti, alcuni anche molto interessanti, passando in quel modo un'oretta del nostro vuoto pomeriggio. La cosa che un po' ci fa rabbrividire è il plasitico a grandezza
umana di alcuni alieni con i loro dischetti volanti che servono per farsi delle squallide foto che noi decidiamo di non fare. Finita la visita al museo vaghiamo un po' in macchina
per Roswell. L'organizzazione e la vita della città non tradiscono minimamente il luogo in cui la città stessa sorge: il deserto. Roswell è fatta quasi totalmente di edifici ad un
solo piano, per cui anche in mezzo al centro, guardando l'orizzonte, si vede il niente. In giro poca gente e poco traffico e anche pochi locali dove andare. Chi chiediamo che cosa
faccia la gente del posto, ma non ci sappiamo dare una risposta. Certo è che non vanno in altre città a passare il tempo, perché ci vogliono minimo due ore di strada in qualunque
direzione per trovare qualcosa. Sembra più un'immensa area di servizio o oasi nel mezzo al deserto, fatta per far riposare chi lo attraversa. Tanto per fare qualcosa entriamo
in un supermercato alla ricerca di qualcosa da mangiare per cena e di un po' della solita frutta non fresca in scatola. Guardandoci intorno troviamo strani prodotti, compresi
quelli di marchi italiani che in Italia non vengono venduti, come per esempio la salsa Buitoni per le "fettuccine Alfredo", roba da sentirsi male. Usciamo dopo un'oretta con frutta, acqua e
dei burritos surgelati da cucinare nel microonde di camera. Un po' delusi dalla città di Roswell rientriamo in motel e decidiamo che lì saremmo rimasti fino all'ora di andare
a letto. Nonostante la totale assenza di cose interessanti, è valsa la pena di deviare dal percorso e passare da Roswell per vedere un mondo molto diverso dal nostro, per vivere
una mezza giornata in una cittadina desolata spersa nel deserto e renderci conto di come funziona la vita in certi luoghi. Vista la scarsa attrattività del luogo, probabilmente sbagliando,
di questo giorno non abbiamo fatto molte foto. La giornata termina con la cottura nel microonde dei quattro non propriamente squisiti ma mangiabili burritos e la visione di qualche
trasmissione americana nella tv via cavo locale. Domani ci aspetta la bistecca più buona del mondo al Big Texan di Amarillo, sulla strada verso Oklahoma City che richiederà oltre
7 ore di viaggio.
Condivisione della giornata su facebook:
Giorno 16. La riparazione ingegneristica da me effettuata una settimana fà alle ciabatte che mi si erano rotte sta durando, e questo è motivo di soddisfazione.
Abbiamo anche scoperto che a Roswell fa molto caldo ed è pieno di mosche, oltre al fatto che questa cittadina è separata da centinaia di chilometri di deserto in ogni direzione
da qualsiasi altro centro abitato: qui intorno è pieno di niente. Guidare per arrivare a Roswell è molto stimolante: basta impostare il cruise control sul limite di velocità e
mantenere diritto il volante senza toccare pedale per ore, guardando il paesaggio desertico che ci circonda. Però, una volta arrivati presto perché la tappa intermedia della giornata
è saltata, si scopre con somma soddisfazione che non c'è nulla neanche dentro la cittadina. L'unica cosa a non smentirsi è stata la via del nostro motel che da giorni,
pur cambiando città, resta in Main Street, North o South che sia.
Tranne il Museo Ufologico Internazionale che ancora è frequentato (un po' di gente c'era), anche la fama che ha contraddistinto la città è in decadenza.
L'attività del dopomuseo ha previsto quindi spesa al supermercato, poltrimento in motel e uso del microonde presente in camera per scaldare 4 burritos surgelati come cena.
Ma niente paura: domani ad ora di pranzo passeremo in Texas dalla capitale della carne, Amarillo, e ci rifaremo abbondantemente...
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